Vergogna di far sapere che si va dallo psicologo

Vergogna di far sapere che si va dallo psicologo
Ad alcuni sembrerà strano e poco in linea con i nostri tempi moderni, ma la vergogna di far sapere ad amici, colleghi, parenti, anche stretti, di essere in cura da uno psicologo è ancora molto diffusa.
E non conta il livello di istruzione, la mentalità più o meno aperta, le origini familiari o geografiche, la professione, il genere sessuale. Del sud o del nord, uomo o donna, adulto o adolescente, bancario, avvocato, panettiere o commerciante, poco conta. Meglio non far sapere. “Non capirebbero”, mi viene spesso detto. Ma cosa non capirebbero? Di cosa hanno paura? O meglio, vergogna? Del giudizio. Di essere giudicati deboli, matti, inaffidabili, fragili, imprevedibili.

Addirittura per alcuni miei pazienti è un problema mostrare al proprio commercialista la fattura dello psicologo! E se poi il commercialista è aziendale….la fattura non la scaricano!

Il 90% dei miei pazienti ha scelto di rivolgersi a me dopo aver fatto una ricerca su internet e aver visitato un po’ di siti di psicologi. Il passaparola non è più un canale di approdo dei pazienti perchè in pochi confidano all’amico o addirittura alla moglie o al marito di sentire il bisogno di una consulenza psicologica. Quindi fanno da sé, e, per fortuna, internet offre loro un grande aiuto.

Ciò che però mi fa sorridere è che se in un gruppo di amici, durante una serata in cui si crea un’atmosfera un po’ intima, uno di loro si lascia travolgere dall’istinto di confidarsi e racconta di essere in terapia….gli altri amici, a turno, ammettono di esserlo anche loro! E la sorpresa di tutti è grande. Si guardano con occhi diversi? No, non credo, perchè ognuno di loro sa che andare dallo psicologo non è anormale, ma utile, a volte doloroso, ma di grande sostegno. Allora si confrontano sui loro psicologi, sui loro metodi, approcci, proprio come si fa quando si parla del proprio dermatologo, dentista o medico di base.

A quel punto tutto sembrerà normale e, forse, qualcuno si chiederà: “ma perchè non ce lo siamo detto prima?”

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