Un’anziana ragazzina

Una giovane ragazza, neolaureata e con una brillante carriera già avviata, si presenta da me perché ha problemi d’ansia e da qualche tempo anche attacchi di panico. Ha l’aspetto di una ragazza seria e dimostra un’età mentale molto superiore a quella anagrafica. Spera che la terapia l’aiuti a non avere più crisi d’ansia e ad essere serena, aggettivo a cui dà una definizione molto soggettiva: “senza emozioni” (!). Mi spiega che quando era serena non provava emozioni forti e adesso, quando sente che arrivano, non riesce a gestirle.

Racconta un’infanzia e un’adolescenza che l’hanno vista figlia molto intelligente, disciplinata, all’altezza delle aspettative dei genitori, capace di prendersi cura di loro e di personificare quell’ideale di persona che loro non sono riusciti ad essere. Lei sta al gioco, obbedisce, soddisfa, risolve, ascolta, non si lamenta, non esprime, non contraddice, non delude. Man mano modella la sua personalità rifacendosi agli schemi proposti dai suoi genitori e dalla sua intera famiglia, non si discosta, accetta, esegue, non propone alternative.

Per fare questo, però, deve sforzarsi di non ascoltarsi, non sentire e, per trattenere, contiene pensieri e sentimenti, ed anche il respiro, che non è pieno ma è spesso accennato. E’ spesso in apnea e assume una posizione rigida, il suo sguardo esprime il desiderio di leggerezza di cui, alla sua età, avrebbe sacrosanto diritto, ma è imprigionato in una brava, bravissima ragazza che ha paura di essere mal giudicata o di sbottare ed esplodere così violentemente da far male a qualcuno.
Decide di imparare a riconoscere le proprie emozioni, distinguerle e dare loro un nome perchè stanno “bussando” così forte che non è più possibile ignorarle. Però la porta non si può spalancare altrimenti scoppierebbe una bomba. Allora, piano piano, apriamo, con calma, qualche finestra.

Così si comincia a fare i primi esperimenti. La ragazza vuole mettersi alla prova e, benchè all’inizio sia molto scoraggiata dall’assenza di risultati positivi e percettibili, insiste nel suo intento di cambiare.

Sperimentando nuovi stili comunicativi, rifiutando di fare le cose al posto degli altri, esprimendo la propria idea quando necessario, ha cominciato lentamente a vedere i primi cambiamenti. A volte sembra essere spaventata dalle possibili conseguenze, non prevedibili. Ha paura di perdere ciò che ha. Ma ciò che ha è ciò che vuole? Sa cosa vuole?

Dopo un anno di terapia questa giovane ragazza ha le idee molto più chiare: conosce il suo valore, le sue competenze e potenzialità professionali, sa la differenza tra rabbia, paura, gioia e tristezza. Conosce il significato della parola “serenità” e di altre parole come “egoista, madre, padre, figlia, fidanzato, bisogni, diritti, doveri”, diritto di espressione e dovere di rispettarsi, di ascoltarsi e farsi ascoltare. Oggi ha più coraggio e curiosità di vedere ciò che ha e ha avuto da diverse prospettive, è più capace di relativizzare ciò che le succede, di pesare i valori delle persone con cui interagisce e si sforza di ascoltare la propria pancia e di tradurre ciò che sente in parole. Oggi sa che deve andare avanti per la propria strada segnata da obiettivi che in totale autonomia vuole scegliere, indipendentemente dalle aspettative degli altri e dal tentativo degli altri di farla tornare nei vecchi schemi di “anziana ragazzina”.

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